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PENSANDO AL MONDIALE: 160 km CON ANTONIO ROSI E FAUSTO FIORUCCI

Immagine del redattore: Luca GiannangeliLuca Giannangeli



“Nel mondo - afferma Fiorucci - "ci sono tanti vincitori ma pochi campioni"

Rosi risponde - "Per vincere il cavallo devi fartelo amico”.


A breve a Verona si confronteranno i migliori cavalli maratoneti al mondo, figli degli antichi Pony Express.

Gli azzurri d’argento, Antonio Rosi e Fausto Fiorucci spiegano come percorrere 160 chilometri con il migliore amico di sempre secondo le loro esperienze di vita e di sport.


Centosessanta chilometri da solo con il tuo cavallo. Due anime che viaggiano insieme. Sicuramente quella del cavallo, forse inconsciamente, lo fa per puro antico spirito di amicizia, ma è difficile dare una risposta certa.

Un’amicizia con il suo cavaliere costruita negli anni e che dura dalla notte dei tempi, quando i pony express americani, nel 1860, collegavano la costa dell’Atlantico con quella del Pacifico e viceversa. L’endurance nasce così.


L’endurance, oggi, è questo: un sodalizio basato sul doveroso ascolto del cavaliere rispetto alle esigenze del suo cavallo; rigorosi controlli veterinari, tra un anello e l’altro prima di ripartire e un team building modello Formula 1 per assistere l’equino a 360 gradi.


A Verona, precisamente a Isola della Scala, questa disciplina conoscerà, il prossimo 22 ottobre, il nuovo campione del mondo e inserirà nell’Albo d’Oro la nazione più forte.

L’Italia, oltre ad ospitare i FEI Endurance World Championship Verona 2022, giocherà le sue carte per aggiornare un medagliere azzurro che segna il suo ultimo titolo a squadre, l’unico d’oro, nel 2005 e le sue uniche medaglie individuali (d’argento) nel 1998 e nel 2002.



Antonio Rosi

Antonio Rosi, la passione dietro alla medaglia


La medaglia d’argento azzurra, individuale e a squadre, di Jerez de la Frontera 2002 è un traguardo che Antonio Rosi spiega con una scelta di vita: “Mi ritengo un dilettante perché so che con i cavalli c’è sempre qualcosa da imparare. Ho sempre montato a cavallo spinto da un’intramontabile passione e da un’infaticabile desiderio di ascolto e comprensione”.


L’itinerario che porta a salire sul podio mondiale è per lui “frutto di un allenamento del binomio, mentale e fisico, in campagna con qualunque condizione atmosferica. E cardiofrequenzimetro alla mano. Poi, per conto mio, facevo condizione: mountain bike, jogging e passeggiate ad alta quota”.


Il cavallo maratoneta


Un atleta di endurance deve essere il più possibile equilibrato in sella per non pesare sulla schiena del cavallo. Dall’altra parte anche il cavallo deve avere dei requisiti da maratoneta: “in questa disciplina - incalza Rosi - la genealogia ha importanza fino a un certo punto. Per sintetizzare in modo semplice, un cavallo da endurance deve avere fasce muscolari piatte (perchè disperde maggiormente calore grazie al rapporto cute-massa più a favore della cute), appiombi perfetti, schiena corta, mantello grigio o sauro (più riflettenti rispetto ai raggi solari, ndr) e movimenti leggeri e fluidi. Detto questo, poi, c’è solo una conditio sine qua non, per l’endurance e per tutte le discipline equestri.

Il cavallo devi fartelo amico”.



Fausto Fiorucci

Fausto Fiorucci, Il ricordo del padre ad Abu Dhabi 1998


“C’è stato un momento durante la gara - racconta Fiorucci - in cui ho alzato gli occhi al cielo per osservare una nuvola e ho pensato che ero al Mondiale e mio padre non c’era più. Lo avrei voluto lì. Mi ero annullato e me ne sono accorto solo perchè ho sentito la pelle delle mie braccia reagire a una sensazione di fresco. Mi sono come svegliato e dopo il tatto anche l’udito ha ripreso il suo compito. Sono tornato a sentire il respiro del mio cavallo che stava facendo tutto da solo e la vista si è posata sull’unica alberatura del nostro percorso nel deserto. Quell’ombra era stata percepita dalla mia pelle come un’escursione termica riportandomi sulla terra. Il mio cavallo in quel momento è stato la mia guida”.


Il segreto è nel team


Dopo l’argento 1998 ad Abu Dhabi, Fiorucci sale sul secondo gradino del podio a squadre nel 2002 insieme a Rosi. Con loro, Roberto Busi e Mario Cutolo.


Un quartetto made in Italy al 100%: cavalieri e cavalli


Eravamo una squadra vera - ricorda Fiorucci - anche da terra. Lo spirito di squadra è fondamentale, nell’endurance come in tutte le discipline sportive. E’ fondamentale perché fa parte di una mentalità sportiva sana. Nella nostra disciplina dovrebbe esserci un team e un branco: umani ed equini che dopo essersi allenati insieme, affronteranno la gara compatti. Sembra assurdo ma non lo è.

Il cavallo, in sintonia con il suo cavaliere e in compagnia dei suoi “amici equini” ha il morale alto e rende il 70% in più”.





In gara il cavallo è la priorità


Durante una gara di endurance - spiega Rosi - bisogna guardare avanti e al tempo stesso sapere cosa succede intorno a te e dietro di te. Come in Formula 1. La connessione con il cavallo deve essere perenne e primaria rispetto alle strategie. Occorre organizzare in modo meticoloso i punti di assistenza, assecondare il cavallo se rallenta e modulare il percorso in base alle sue necessità. Si arriva in gara conoscendo perfettamente la consistenza del terreno, le caratteristiche ambientali del tracciato e la personale adattabilità del cavallo rispetto ad esse”.





"Binomio” è essere una vera coppia


Nel mondo - afferma Fiorucci - ci sono tanti vincitori ma pochi campioni.

Il campione racchiude in sé e spontaneamente quelle caratteristiche non per superare gli altri, ma per dare il meglio di sè. Il nostro meglio è essere atleti, allenatori e amici dei nostri cavalli. E’ nostro dovere ascoltarli e non andare oltre a quello che loro possono dare in quel momento.

In 5.000 anni di convivenza con l’uomo, il cavallo - che dicono essere stupido - ha capito 300 espressioni umane. L’uomo (con la sua straordinaria intelligenza), in 5.000 anni di convivenza con il cavallo, ha capito poco più di un nitrito.

Con questa base di umiltà dobbiamo migliorare noi stessi. Dobbiamo pensare al binomio come a un matrimonio.

Ecco, di mariti e mogli è pieno il mondo, ma di vere coppie ce ne sono poche”.



Testo Daniela Cursi/SportEndurance

Foto Oreste Testa/SportEndurance



buon mondiale a tutti e che vinca il miglior binomio...

 
 
 

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